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Ecografia transvaginale ed addominale

Ecografia transvaginale e addominale

L’ecografia pelvica dovrebbe essere effettuata come indagine di base in tutte le donne con problemi di sterilità; l’impiego di sonde endovaginali ha rivoluzionato le immagini della pelvi, consentendo diagnosi molto più precise che in passato. L’ecografia transaddominale conserva un ruolo nella valutazione di grosse masse pelviche e nello studio di strutture situate in posizione troppo alta per l’esame transvaginale.

I vantaggi dell’impiego di tale metodica sono la totale non-invasività, il costo relativamente basso, la buona compliance da parte della paziente (soprattutto nella metodica endovaginale, in cui non è necessario che la vescica sia repleta), la ripetibilità.

L’ecografia pelvica, utilizzata come indagine di base, permette di evidenziare varie patologie:

  • Malformazioni uterine (utero setto, bicorne, unicorne, didelfo, agenesia, ipoplasia)
  • Leiomiomi uterini
  • Polipi endometriali
  • Micropolicistosi ovarica
  • Cisti endometriosiche
  • Cisti ovariche di varia natura
  • Idrosalpinge e/o sactosalpinge

L’ecografia transaddominale prevede, per una corretta visualizzazione delle strutture pelviche e dei rapporti tra esse, che la vescica sia piena e la paziente in posizione supina.

L’ecografia transaddominale garantisce una buona profondità di campo ed una valutazione ampia della pelvi; tuttavia il suo potere di risoluzione non è ottimale, ed inoltre la compliance della paziente è ridotta dalla necessità della vescica piena; inoltre essa presenta difficoltà all’esecuzione in caso di obesità, meteorismo intestinale, ovaie prolassate nel Douglas, aderenze pelviche.

Per effettuare un’ecografia transvaginale, la paziente deve essere posta in posizione ginecologica, a vescica vuota.

Il suo potere di risoluzione è maggiore dell’ecografia transaddominale e non è necessario che la vescica sia piena; tuttavia la profondità di campo che essa garantisce è ridotta, e ciò rende difficile l’osservazione in presenza di ovaie dislocate troppo in alto o di grosse masse addominali.

A tutt’oggi non sono conosciuti effetti collaterali e controindicazioni relativi a tale metodica diagnostica.

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Isterosalpingografia

Isterosalpingografia

L’isterosalpingografia è un’indagine radiologica che permette, mediante l’impiego di un mezzo di contrasto, una valutazione accurata della pelvi femminile.

Rappresenta anch’essa un’indagine di base nello studio della sterilità femminile, e dovrebbe essere sempre eseguita dopo una valutazione dell’ovulazione e del liquido seminale.

L’isterosalpingografia è un esame relativamente poco invasivo, che fornisce indicazioni precise sulla situazione pelvica, senza configurarsi come un intervento chirurgico (come invece è, per esempio, la laparoscopia), e senza richiedere quindi un’anestesia. Tuttavia, esso presenta una certa percentuale di falsi positivi e falsi negativi, legati alle difficoltà di interpretazione delle immagini e ad eventuali artifizi tecnici.

Un ulteriore vantaggio ipotizzato per l’isterosalpingografia è il suo eventuale effetto terapeutico: è stato infatti osservato un apparente incremento del tasso di gravidanze spontanee dopo isterosalpingografie risultate normali. Il meccanismo mediante il quale tale esame potrebbe acquisire un valore terapeutico è soltanto ipotetico (eliminazione di un eventuale tappo mucoso che ostruisce il lume tubarico, inibizione dei macrofagi peritoneali).

L’isterosalpingografia dovrebbe essere eseguita come esame di prima scelta in presenza di dati anamnestici suggestivi di eventuale patologia utero-tubarica:

  • episodi ripetuti di infezione pelvica
  • tampone vaginale positivo per Chlamydia
  • abortività ripetuta
  • precedenti gravidanze extrauterine
  • precedenti interventi chirurgici a carico della pelvi
  • episodi di appendicite e/o peritonite
  • precedenti interventi di revisione uterina per aborto.

L’esame permette di diagnosticare svariate patologie pelviche:

  • Fibromi uterini sottomucosi
  • Polipi endometriali
  • Aderenze e sinechie intrauterine
  • Malformazioni uterine (utero unicorne, bicorne, didelfo, setto, ipoplasia, agenesia)
  • Occlusioni tubariche istmiche, prossimali o distali
  • Aderenze peritubariche
  • Incontinenza cervicale
  • Esiti di salpingoplastica o metroplastica.

L’isterosalpingografia richiede l’iniezione di un mezzo di contrasto in cavità uterina mediante l’impiego di un particolare apparecchio, l’isteroiniettore.

L’esame dovrebbe essere effettuato durante la fase follicolare tardiva del ciclo mestruale, dopo la fine del flusso e prima dell’ovulazione: ciò per evitare complicanze legate al sanguinamento e danni ad un’eventuale gravidanza iniziale.

Itrodotto lo speculum ed effettuata un’adeguata disinfezione vaginale, è necessario pinzare il collo dell’utero, manovra da eseguire con notevole attenzione per evitare eventuali reazioni vagali. Successivamente viene applicato l’isteroiniettore a livello dell’orifizio uterino esterno, e, previa azione di trazione sul collo dell’utero per allinearlo al canale vaginale, viene iniettatolentamente il mezzo di contrasto. i solito vengono effettuati vari radiogrammi, che mostrano le varie fasi di riempimento prima della cavità uterina e poi delle tube. E’ inoltre fondamentale un’attenta osservazione in videoscopia, in quanto spesso le informazioni derivanti dall’esame dinamico sono maggiori di quelle date dalle semplici immagini radiografiche. Terminato l’esame, viene spesso eseguito un radiogramma differito, dopo aver sottoposto la paziente ad una rotazione sul suo asse longitudinale di 360°: ciò permette, in caso di passaggio del mezzo di contrasto in cavità peritoneale, di valutare la sua distribuzione a livello della pelvi, evidenziando la presenza di eventuali aderenze.

False positività per occlusione tubarica possono essere conseguenti a spasmi tubarici indotti dall’esame stesso; talvolta una semplice attesa (3-5 minuti), o la somministrazione di un antispastico, permette una regressione dello spasmo stesso.

Le principali controindicazioni all’isterosalpingografia sono:

  • Sospetto di gravidanza in atto (pericolo di aborto)
  • Sospette infezioni in atto (cervicite, endometrite o salpingite) (rischio di malattia infiammatoria pelvica)
  • Metrorragia in atto (pericolo di fenomeni embolici o di impianti endometriosici nella pelvi; difficoltà di interpretazione delle immagini)
  • Allergia accertata al mezzo di contrasto iodato.

Le complicanze dell’isterosalpingografia sono abbastanza rare:

  • Reazione allergica al mezzo di contrasto. Tale evenienza risulta talmente rara da non essere fino ad oggi riportata in letteratura; la reazione più probabile potrebbe essere rappresentata da un’orticaria o un rash cutaneo.
  • Infezione pelvica. Il meccanismo patogenetico è in genere connesso al trasporto “ascendente” di batteri associato con l’isterosalpingografia. L’incidenza di tale patologia è intorno all’1%, se l’esame viene eseguito in condizioni di perfetta asepsi e viene esclusa una infezione pelvica preesistente mediante l’effettuazione di un tampone vaginale precedentemente all’esecuzione dell’esame. Inoltre deve essere effettuata un’adeguata disinfezione della vagina e della cervice; in donne a rischio per salpingite si raccomanda l’uso profilattico di un antibiotico (per esempio doxiciclina per os), da iniziare prima dell’esecuzione dell’esame. In tutte le donne è consigliabile utilizzare una copertura antibiotica, per esempio con l’impiego di cefalosporine intraoperatoriamente. Tutte le donne sottoposte ad isterosalpingografia devono essere avvertite dell’eventualità di insorgenza di un’infezione pelvica ed informate dei sintomi più frequenti (in genere manifestatisi entro le prime 24-48 ore), in maniera tale da avvertirne repentinamente il medico.
  • In genere i sanguinamenti conseguenti all’isterosalpingografia sono dovuti a lesioni del collo uterino, connesse al pinzamento effettuato sul collo dell’utero; di solito essi sono di entità ridotta, e vengono bloccati da semplici manovre di tamponamento cervico-vaginale.
  • Perforazioni uterine. Sono estremamente rare, e possono essere provocate da una non corretta collocazione dell’isteroiniettore. In genere tali episodi sono riconoscibili molto facilmente, in quanto all’immagine radiografica si osserva immediatamente la presenza del mezzo di contrasto libero nella cavità addominale, proveniente direttamente dalla cavità uterina, e la paziente riferisce notevoli algie pelviche. In tali casi è corretto sospendere immediatamente l’esame e tenere la paziente sotto osservazione per le successive 24 ore, così da evidenziare l’eventuale insorgenza di un addome acuto.
  • Algie pelviche. Il dolore riferito dalle pazienti è in genere legato in un primo momento all’applicazione della pinza da collo e all’introduzione della cannula; successivamente possono evocare dolore la dilatazione del canale cervicale, (conseguente all’iniezione del mezzo di contrasto), un eventuale ostacolo al deflusso del mezzo di contrasto in cavità peritoneale (per occlusione tubarica o spasmo tubarico), ed infine lo stesso passaggio del mezzo di contrasto in addome.
  • Shock vagale. Il pinzamento del collo uterino o la dilatazione del canale cervicale possono scatenare per riflesso una reazione vagale, che si manifesta in genere con intensa bradicardia, sudorazione, ipotensione e nausea; tali reazioni in genere regrediscono rapidamente mantenendo la paziente in posizione supina e, in casi estremi, somministrando atropina in vena.

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Laparoscopia

Laparoscopia

La laparoscopia diagnostica è una tecnica fondamentale per una corretta diagnosi di sterilità, e dovrebbe essere sempre eseguita come ultima indagine nei casi di sterilità apparentemente inspiegata. Essa permette una visualizzazione diretta della pelvi femminile, mediante l’impiego di un sistema ottico che viene introdotto in cavità addominale previa esecuzione di un pneumoperitoneo.

Il principale vantaggio della laparoscopia nello studio della sterilità è rappresentato dalla assoluta sicurezza della diagnosi: la visualizzazione diretta della pelvi infatti permette in genere una diagnosi di certezza e riduce fortemente il rischio di falsi positivi e falsi negativi presentato, per esempio, dall’isterosalpingografia.

Le principali indicazioni alla laparoscopia nella donna sterile sono:

  • Isterosalpingografia dubbia
  • Sterilità inspiegata
  • Endometriosi
  • Esiti di malattia infiammatoria pelvica
  • Valutazione delle ovaie (ovaie micropolicistiche, ipoplasiche, atrofiche; presenza di cisti)
  • Malformazioni Mulleriane (utero bicorne, setto, sindrome di Rokitanski)
  • Occlusione tubarica
  • Valutazione postoperatoria

Un momento diagnostico indispensabile nell’ambito della laparoscopia è rappresentato dalla salpingocromoscopia. Tale metodica fornisce informazioni precise sulla condizione di pervietà tubarica e, in caso di occlusione, dà indicazioni relative alla sede del blocco; essa prevede l’iniezione di un colorante, in genere blu di metilene, nelle salpingi attraverso la cavità uterina, mediante la cannula uterina collocata inizialmente ai fini della mobilizzazione del viscere. Il mancato passaggio del blu di metilene indica la presenza di un’occlusione tubarica.

La laparoscopia diagnostica, pur essendo una metodica di indagine e non rappresentando un vero e proprio “intervento”, costituisce una procedura chirurgica, e, come tale, può presentare delle complicanze, alcune delle quali gravi, che possono mettere in pericolo la vita stessa del paziente.

Le complicanze comprendono:

  • Lesioni vascolari maggiori (aorta, vena cava, arterie e vene iliache, vasi mesenterici superiori, vasi epigastrici). Rappresentano le complicanze più pericolose. L’incidenza di tali complicanze è in realtà molto bassa (0,0093%) e la loro diagnosi è in genere immediata. Lesioni vascolari minori (vasi mesenterici, vasi sacrali). In genere si tratta di lesioni di scarsa entità, ed il sanguinamento viene facilmente bloccato mediante elettrocoagulazione o sutura.
  • Lesioni gastro-intestinali. La frequenza di tale complicanze è stimata intorno allo 0,027%. La causa principale di tali complicanze è data dall’alterazione dell’anatomia addominale da precedente chirurgia. Condizioni predisponenti sono rappresentate dall’estrema magrezza e, di contro, dalla notevole obesità. La prevenzione di tali complicanze richiede una identificazione delle condizioni di rischio ed una corretta tecnica di esecuzione.
  • Enfisema sottocutaneo. Consiste nella dissezione dello spazio preperitoneale ed infiltrazione nello spazio sottocutaneo della CO2 durante la sua insufflazione, per malposizione dell’ago nello spazio preperitoneale. E’ una complicanza relativamente frequente (0,4-2%), ma in genere provoca solo dei fastidi passeggeri e, comunque, viene facilmente risolta facendo fuoriscire il gas.
  • Perforazione dei vasi epigastrici. Possono essere perforati dall’infissione dei trocar accessori; fattori favorenti sono le cicatrici addominali e l’obesità. Accertata la presenza di tali lesioni, è fondamentale una immediata riparazione per prevenire la formazione di un ematoma preperitoneale o subfasciale.
  • Lesioni vescicali. Si verificano durante l’inserzione dei trocar secondari e sono dovute a distensione vescicale da non adeguata cateterizzazione in pazienti con antecedenti di chirurgia pelvica. In presenza di lesioni piccole, è sufficiente mantenere un drenaggio vescicale per qualche giorno; negli altri casi è necessario eseguire una adeguata sutura.

Le complicanze connesse all’anestesia sono quelle che si verificano in tutti gli interventi chirurgici.

Ulteriori complicanze della laparoscopia sono:

  • Si tratta in genere di modeste infezioni nei siti di incisione; la loro frequenza è ormai molto ridotta (0,7-3,3/1000), e vengono facilmente trattate con la terapia locale ed antibiotica.
  • Ernie da trocar.

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Isteroscopia

Isteroscopia

L’isteroscopia consente di effettuare una valutazione, mediante visualizzazione diretta, del canale cervicale, della cavità uterina e degli osti uterini delle tube.

Nonostante la patologia uterina rappresenti causa di sterilità soltanto nel 10% circa dei casi, è importante possedere uno strumento che consenta di diagnosticare in maniera diretta e relativamente poco invasiva eventuali alterazioni a carico dell’utero o di studiare patologie sospettate sulla base di indagini precedenti. Così come per la laparoscopia, l’isteroscopia garantisce quasi sempre una diagnosi di certezza; se nel corso di una isterosalpingografia viene evidenziata una patologia intrauterina, questa deve essere confermata, e talvolta trattata, mediante isteroscopia; un sospetto diagnostico sorto da una valutazione ultrasonografica richiede sempre un approfondimento isteroscopico. La relativa utilità dell’isteroscopia diagnostica nelle donne sterili con isterosalpingografia normale non ne giustifica tuttavia il suo uso routinario nell’iter diagnostico della sterilità (tabella 1).

Tabella 1. Confronto tra isteroscopia ed isterosalpingografia.

Isteroscopia

Isterosalpingografia

Visualizzazione diretta della cavità uterina

Visualizzazione indiretta

Diagnosi e descrizione delle lesioni endouterine

Identificazione e diagnosi di presunzione

Possibilità di biopsie mirate e di terapia chirurgica

Nessuna possibilità

Precisa localizzazione delle anomalie

Localizzazione meno precisa

Accesso diretto al lume tubarico

Impossibile l’accesso diretto

Più costosa

Meno costosa

Necessari strumentario apposito ed esperienza

Strumentario semplice, facile da effettuare

Impossibile la valutazione delle tube

Valutazione del lume tubarico

Le principali indicazioni all’isteroscopia nello studio della sterilità femminile sono:

  • Malformazioni uterine (con eventuale trattamento di setti uterini)
  • Sinechie uterine
  • Polipi endometriali
  • Fibromi sottomucosi o intramurali a sviluppo sottomucoso
  • Ispezione del canale cervicale e della cavità uterina nell’aborto ricorrente spontaneo
  • Sanguinamenti uterini anomali
  • Valutazione di pazienti sterili con isterosalpingografia dubbia
  • Valutazione post-operatoria dopo metroplastica, miomectomia o sinechiolisi
  • Metaplasia ossea dell’endometrio

L’isteroscopia diagnostica può essere effettuata ambulatoriamente con o senza sedazione; il “timing” ideale per l’esecuzione dell’isteroscopia corrisponde al periodo preovulatorio.

La paziente deve essere posta in posizione ginecologica, a vescica vuota; applicato lo speculum ed eseguita una adeguata disinfezione di vulva e vagina, l’isteroscopio viene connesso all’isteroinsufflatore ed al cavo ottico e, iniziata l’erogazione di CO2, viene introdotto nell’orifizio uterino esterno e delicatamente guidato nel canale cervicale. Superato l’orifizio uterino interno, si inizia la sistematica esplorazione della cavità uterina, prima in visione panoramica, successivamente con una osservazione dettagliata delle pareti uterine e degli osti tubarici.

Le complicanze più frequenti dell’isteroscopia diagnostica sono:

1) Scapolalgia. E’ conseguente alla irritazione dei nervi frenici causata dal passaggio in cavità addominale della CO2; più che di una vera e propria complicanza, si tratta di un fastidio per la paziente, che regredisce in poche ore anche senza impiego di terapia antalgica.

2) Meccaniche.

  • Lacerazioni cervicali. Sono in genere causate da malposizionamento della pinza da collo o da eccessiva trazione su di essa o dalla formazione di false strade durante la progressione cervico-istmica dell’isteroscopio; in genere non necessitano di alcuna terapia se non un tamponamento locale in corso di intervento.
  • Perforazioni uterine. Sono relativamente poco frequenti se la tecnica utilizzata è corretta (0-3%). Se si verifica tale complicanza, è necessario interrompere immediatamente l’atto operatorio e controllare l’eventuale presenza di falda liquida nel Douglas; in taluni casi può essere necessario un controllo laparoscopico ed una eventuale riparazione chirurgica. E’ sempre richiesta la copertura antibiotica.
  • Rottura di idrosalpinge. E’ una evenienza rarissima, che impone la somministrazione di un antibiotico ad ampio spettro.

3) Metaboliche. In corso di isteroscopia possono verificarsi episodi di ipercapnia, acidosi, aritmie cardiache, conseguenti all’impiego della CO2 come mezzo di distensione della cavità uterina.

4) Infettive. L’incidenza di endometrite, salpingite o malattia infiammatoria pelvica dopo isteroscopia è molto bassa (0-0,3%), ed in genere la loro insorgenza è connessa ad una inadeguata disinfezione in corso di intervento o alla presenza di una patologia infettiva preesistente. Richiedono terapia antibiotica.

  • Reazione vagale. Si manifesta con bradicardia, sudorazione intensa, obnubilamento del sensorio, lipotimia, fino all’arresto cardiaco. E’ in genere conseguente alle manovre effettuate sul collo dell’utero o alla distensione della cavità uterina; in genere si risolve rapidamente e spontaneamente, e solo in casi estremi può richiedere la somministrazione endovenosa o intramuscolare di atropina.

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Dosaggi ormonali

Dosaggi ormonali

Una tappa fondamentale nello studio della paziente che deve sottoporsi a metodiche di riproduzione assistita è rappresentata dalla valutazione ormonale basale. Tale valutazione consente, con un impegno minimo da parte della paziente, di acquisire informazioni basilari su eventuali patologie o disfunzioni su base endocrina.

Lo studio endocrinologico basale permette di identificare molteplici patologie su base disfunzionale:

  • Anovulazione cronica da alterazioni dell’unità ipotalamo-ipofisi
  • Iperprolattinemia
  • Sindrome dell’ovaio policistico
  • Iper- o ipo-funzione surrenalica
  • Iper- o ipotiroidismo
  • Esaurimento ovarico precoce.

Durante la fase follicolare precoce del ciclo mestruale (2°-5° giorno) deve essere effettuato un dosaggio plasmatico dei seguenti ormoni:

  • Ormone follicolo-stimolante (FSH). Livelli di tale ormone < 10 mUI/ml indicano la presenza di un’adeguata riserva ovarica. Il valore soglia dell’FSH basale, al di là del quale le probabilità di ottenere una gravidanza si riducono significativamente, è indicato intorno a 20 mUI/ml; al di sopra di 25 mUI/ml non vengono in genere registrate gravidanze. I valori ottimali di FSH basale sono comunque inferiori a 15 mUI/ml.
  • Ormone luteinizzante (LH). I livelli fisiologici di tale ormone nella fase follicolare precoce del ciclo sono inferiori a 10 mUI/ml. In realtà il livello basale dell’LH risulta importante se valutato in rapporto all’FSH: un rapporto LH/FSH >3 si associa in genere ad una sindrome dell’ovaio policistico.
  • Livelli plasmatici adeguati di tale ormone sono compresi tra 10-25 ng/ml; elevate concentrazioni basali della prolattina si associano frequentemente ad una condizione anovulatoria e richiedono comunque ulteriori approfondimenti per escludere la presenza di patologie organiche.
  • Le concentrazioni plasmatiche di estradiolo riflettono l’attività di biosintesi ovarica; livelli basali < 20 pg/ml riflettono una scarsa attività ovarica . Livelli di E2 al 3° giorno del ciclo >60 pg/ml si accompagnano di contro ad un ridotto recupero ovocitario in caso di stimolazione ovarica e ad un basso tasso di gravidanza.

Indipendentemente dalla fase del ciclo mestruale, deve essere effettuato un dosaggio plasmatico dei seguenti ormoni:

       –   Ormone antimulleriano (AMH). Nella donna, i livelli di AMH sono indosabili in menopausa e dopo asportazione delle ovaie, e quasi indosabili alla nascita. Crescono dopo la pubertà, quindi si stabilizzano in età adulta, poi iniziano a decrescere in funzione della riduzione della riserva ovarica. Ciò dimostra che l’AMH derivi dall’ovaio. Ha quindi un ruolo nella follicologenesi e alcuni autori suggeriscono che la sua misurazione sia utile nel determinare alcune condizioni come la sindrome dell’ovaio policistico e la insufficienza ovarica primaria. La presenza dell’AMH è correlata con il numero di follicoli antrali precoci e predice la risposta all’iperstimolazione ovarica controllata. Nelle tecniche di riproduzione assistita, il valore dell’AMH può predire il tasso di fecondazione, il numero e la qualità degli embrioni, la non-gravidanza, l’incidenza di aborto, o le nascite ma è al momento poco chiaro, specialmente a livello di AMH molto bassi. Il dosaggio sierico dell’AMH è stato proposto come test di riserva ovarica: il suo decrescere a livelli minimali si potrebbe correlare ad un ridotto numero di follicoli ovarici, mentre un suo abnorme aumento si correla ad un eccesso di follicoli a stadio maturativo precocissimo, come nella PCOS. A differenza di altri test di riserva ovarica, come l’FSH e l’estradiolo, che devono essere dosati nei primissimi giorni del ciclo, l’AMH rimane costante durante tutte le fasi del ciclo mestruale, ed in gravidanza, potendosi pertanto misurare in qualunque momento.

  • Livelli di testosterone >0,6-0,8 ng/ml configurano una condizione di iperandrogenismo sulla cui origine è corretto indagare, anche in relazione alla sua possibile influenza su una regolare ovulazione.
  • Ormoni tiroidei (T3, T4, TSH). Alterazioni in eccesso o in difetto di tali ormoni si associano spesso a disordini dell’ovulazione.

Durante la fase luteale media (21° giorno) del ciclo deve essere effettuato un dosaggio plasmatico del progesterone; concentrazioni >10 ng/ml indicano l’avvenuta ovulazione e riflettono un’adeguata attività del corpo luteo.

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Esame del liquido seminale o Spermiogramma

Esame del liquido seminale o Spermiogramma

L’esame del liquido seminale o spermiogramma rappresenta uno dei test fondamentali per lo studio della coppia infertile, poiché una corretta valutazione dei suoi parametri fornisce informazioni preziose sullo stato anatomo-funzionale delle gonadi, delle vie escretrici e delle ghiandole annesse. Esso rappresenta un esame di primo livello e tutte le coppie con un problema di sterilità devono essere sottoposte di routine a tale esame. E’ importante sottolineare che l’assenza di reperti anomali non implica necessariamente che un uomo sia fertile, allo stesso modo, la presenza di alterazioni dei parametri seminali non configura automaticamente la presenza di una sterilità maschile, ma richiede in ogni caso l’avvio di ulteriori indagini. Tuttavia l’esame seminale riveste un’importanza clinica notevole, in quanto fornisce le prime indicazioni su una causa maschile di sterilità e consente di avviare ulteriori approfondimenti.

L’esame del liquido seminale comprende la valutazione delle caratteristiche degli spermatozoi e consente un primo inquadramento della fertilità maschile. Solo un’accurata integrazione di tutti i parametri seminali può consentire di valutare in termini corretti la capacità fecondante di un individuo, che comunque non può essere definita sull’analisi di un unico spermiogramma. Spesso, in diverse condizioni patologiche del liquido seminale, può non essere identificabile alcun fattore causale preciso (oligo-,asteno-, teratozoospermia idiopatica). Per effettuare l’esame del liquido seminale è necessario un periodo di astinenza da rapporti sessuali (eiaculazioni) compreso tra i 3 e i 5 giorni (non superiore); inoltre, l’unica modalità di raccolta accettabile del campione è quella per masturbazione. L’esame viene effettuato in laboratorio nel rispetto degli standard internazionali proposti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO). Secondo quanto riportato nel Manuale di laboratorio per l’esame del liquido seminale del WHO del 2010 si definisce oligozoospermia la condizione in cui il numero di spermatozoi è inferiore a 15 milioni/ml; astenozoospermia quando la motilità progressiva è inferiore al 32%; teratozoospermia se la percentuale di spermatozoi con morfologia anomala supera il 96%; azoospermia quando non sono presenti spermatozoi nell’eiaculato.

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